15 ottobre, andiamo a Roma Uniti per l’Alternativa
Il 15 ottobre è la giornata degli indignados in tutta Europa. In Italia, una grande manifestazione attraverserà le strade di Roma. Da Vicenza organizzati diversi pullman:
SCHIO ore 5.00 di sabato c/o csa arcadia via lago di tovel
VALDAGNO ore 5.00 stazione delle corriere
MONTECCHIO M. ore 5.00 p.zza san paolo
VICENZA ore 5.30 parcheggio della valbruna
rientro in nottata di domenica
PER INFO E ADESIONI:
presidio3349000595
bocciodromo 3491858949
arcadia 3287445166
mesa 3453412916
prezzi: studenti o disoccupati 15 euro, lavoratori 25 euro
DOCUMENTO FINALE DELL’ASSEMBLEA DEL 24 SETTEMBRE 2011 DI ROMA - UNITI PER L’ALTERNATIVA
TINA, "There Is No Alternative" (come diceva la Thatcher negli anni ’80), "non c’è alternativa": questa sembra essere la logica autoritaria che le élite finanziarie e la BCE impongono all’agenda di tutti i governi europei, di centrodestra e di centrosinistra. Non c’è alternativa – questo ci dicono - alle politiche di austerity per uscire dalla crisi. È ormai sotto gli occhi di tutti l’incapacità dei governi europei, di fatto commissariati, di proporre soluzioni diverse dalle solite ricette neoliberiste: tagli, austerity, privatizzazioni, aumento del tasso di sfruttamento.
La crisi economica globale ha subito negli ultimi mesi una nuova violenta accelerazione, le cui conseguenze sono scaricate sulla vita degli uomini e delle donne. Ci troviamo oggi a pagare la crisi due volte: l’esplosione della bolla del capitalismo finanziario, per salvare le banche, è stata scaricata sui bilanci pubblici, e ora gli stessi attori finanziari transanazionali puntano il dito contro il debito pubblico così generato, lanciano attacchi speculativi e chiedono nuove misure di austerity per ridurre il debito e rendere meno rischiosi gli investimenti. In altre parole: prima ci fanno pagare la crisi, poi la sua presunta soluzione.
L’economia della crisi mette dunque in ostaggio la politica, impedendo di fatto l’esercizio di qualsiasi residua forma di sovranità popolare, definitivamente soffocata dai dogmi della governabilità e del pareggio di bilancio. Ripagare il debito e raggiungere forzatamente il pareggio di bilancio, addirittura formalizzandolo nelle costituzioni nazionali, diventa la priorità assoluta per chi governa la crisi.
Qualsiasi progetto di alternativa richiede come condizione preliminare la rottura di questo quadro di compatibilità e, di conseguenza, non può che partire dal rifiuto radicale della logica del pagamento del debito a ogni costo e del pareggio di bilancio.
I piani su cui la situazione impone di muoversi sono molteplici: nessuna iniziativa può prescidere da una proiezione immediata sullo spazio europeo. Le vicende di queste settimane ci dicono che quelle del governo italiano sono variazioni, per quanto regressive, su un tema che è composto altrove. Ciò che diciamo da anni sullo svuotamento dei palazzi del potere e sulla crisi della sovranità e della democrazia rappresentativa, è ormai sotto gli occhi di tutti, e un cambio di governo, magari in direzione tecnocratica, non comporta necessariamente un cambiamento reale. In questo contesto, non sappiamo più cosa farcene delle politiche dell’alternanza, dato che le decisioni sono prese altrove, a prescindere dal governo che scegliamo e dal suo colore politico.
Una radicale inversione di tendenza è necessaria. A 10 anni da Genova e dopo la straordinaria stagione di lotte dell’ultimo anno, i movimenti sociali hanno la responsabilità di rilanciare la propria azione in un campo più vasto, oltrepassando i limiti della resistenza e della testimonianza. C’è bisogno di un processo aperto, inclusivo e non burocratico, in grado di rendere ognuno protagonista e responsabile del comune percorso di resistenza e costruzione dell’alternativa.
Le mobilitazioni dell’ultimo anno hanno dimostrato di saper immaginare il conflitto come pratica immediatamente costituente, come terreno di riappropriazione della decisione democratica, al di fuori da ogni nesso di delega e rappresentanza. La vittoria referendaria di giugno dimostra la capacità dei movimenti di riappropriarsi degli spazi politici e giuridici della decisione. Allo stesso modo, le esperienze dell’ex Cinema Palazzo occupato e del Teatro Valle occupato, rappresentano delle sperimentazioni politiche concrete di costruzione di istituzione del comune.
«Uniti per l’alternativa» si configura quindi come spazio pubblico di condivisione di tutti i soggetti sociali e politici disposti a mettersi in gioco in questo processo, come motore di mobilitazione, inclusivo e non autosufficiente, e come luogo di costruzione di un’alternativa reale, basata su contenuti radicali e non incasellabile nelle gabbie della rappresentanza e del governo dell’austerity.
Il 15 ottobre può e deve essere il primo passo di questo duplice percorso: sul piano internazionale, è l’occasione per mettere in campo, dietro lo slogan«United for global change», una mobilitazione continentale e globale per una nuova idea di società, basata sulla giustizia sociale ed ambientale e la democrazia reale; rispetto al contesato italiano, rappresenta l’occasione, non solo per sfiduciare dal basso il Governo Berlusconi, ma anche lo spazio costituente per ogni alternativa politica. I contenuti del 15 ottobre, frutto delle mobilitazioni dei soggetti sociali, rappresentano la piattaforma per il cambiamento che vogliamo, la proposta che gli uomini e le donne di questo paese, i movimenti, i soggetti sociali in mobilitazione avanzano all’intera società.
Cogliamo positivamente le sollecitazioni e le proposte di confronto sul piano dell’alternativa, avanzate dagli amministratori locali presenti all’assemblea. Rilanciamo l’assemblea nazionale dei lavoratori e delle lavoratrici dello spettacolo e della cultura che si terrà il 30 al Teatro Valle Occupato. In vista del 15 ottobre proponiamo alle reti sociali di mettere in campo iniziative, azioni, vertenze, che consentano di moltiplicare la partecipazione al corteo.
Di questo percorso fa parte la battaglia della FIOM per la riconquista del contratto nazionale, per la sua generalizzazione e per la cancellazione dell’articolo 8 della manovra finanziaria. Occorre combattere la precarizzazione del lavoro, conquistare l’universalità e l’uguaglianza dei diritti e costruire concretamente un nuovo welfare. Riappropriarci del reddito come si occupavano le terre contro i latifondisti: la ridistribuzione della ricchezza sociale è oggi lotta contro chi produce rendita sulle nostre vite.
La nostra alternativa parte dai beni comuni, per la costruzione di un nuovo modello sociale, attraverso la gestione democratica del territorio, la riconversione ecologica della produzione, la democrazia energetica, la costruzione di un’altra scuola, di un’altra università, di un’altra ricerca, universalmente accessibili e in grado di contribuire alla svolta democratica, sociale ed ecologica di cui abbiamo bisogno. Rompere il quadro delle compatibilità, rovesciare i rapporti di forza, produrre un cambiamento reale. Questa è la nostra battaglia, questo è il percorso dell’alternativa, per una stagione di lotte che sia costituente di una nuova pratica democratica e sociale.